Ogni allenatore ha un suo credo tattico che porta avanti anche quando i risultati non sono favorevoli. Lo schema con cui si schiera una squadra è il riflesso dell’idea di calcio che ha un tecnico, e non deve essere un dogma prestabilito: il rischio è che, una volta che gli avversari hanno imparato ad affrontarlo, si possa stagnare in una mancanza di gioco e risultato. Maurizio Sarri appartiene a quella categoria di allenatori che intendono il calcio come uno spettacolo, pur mettendo in primo piano il risultato: solo che, nella sua idea, bisogna arrivarci attraverso il gioco. E per questo lo schema con cui schiera la squadra passa in secondo piano: va adattato alle caratteristiche dei calciatori che si hanno in rosa.
Che fosse una persona intelligente, oltre che un allenatore molto preparato, lo si era capito sin dai primi giorni del ritiro a Dimaro dell’anno scorso. All’epoca Sarri, arrivato dopo uno splendido campionato alla guida dell’Empoli, aveva in mente di far giocare il Napoli con il 4-3-1-2. “Il 4-3-3 ci penalizza a livello offensivo, ci fa perdere equilibrio e ci mette in difficoltà anche dietro”, le sue parole dopo i primi allenamenti e le prime partite amichevoli contro sparring partner. Il problema è che, nel calcio moderno, il trequartista ha compiti assolutamente diversi rispetto a quanto accadeva anni fa. Proprio per questo Sarri avrebbe voluto in azzurro quel Saponara che ad Empoli, sotto la sua gestione, era esploso in tutta la sua forza. Assist, gol, tanta corsa e soprattutto una netta attitudine al sacrificio difensivo. Il Napoli ci provò, ma le reticenze del calciatore a trasferirsi in azzurro bloccarono la trattativa. E allora il tecnico dovette “inventarsi” in quel ruolo Lorenzo Insigne: “Ha le capacità per diventare un ottimo trequartista, deve solo convincersene”, disse Sarri. Prima di fare marcia indietro dopo le prime partite di campionato.
Sconfitta con il Sassuolo per 2-1, pareggio interno con la Samp 3-3 e pareggio ad Empoli per 2-2: le prime tre uscite del Napoli, schierato con il 4-3-1-2, furono da dimenticare. Si vocifera che, dopo la partita in Toscana, sia stata la squadra a chiedere al tecnico di provare il 4-3-3: non è verità assoluta, ma se così fosse dimostrerebbe una volta di più la propensione del tecnico a non essere legato ad un solo modulo e di saper anche ascoltare le istanze dei calciatori. Chiunque l’abbia proposto, e chiunque l’abbia deciso, il Napoli si schierò con questo schema contro il Bruges, nella prima partita del Girone in Europa League, e schiantò i belgi con il netto risultato di 5-0. Da quel momento iniziò la cavalcata vincente che si è conclusa con il secondo posto e il ritorno in Champions League dalla porta principale.
Ora Sarri si trova davanti ad una nuova sfida: il modulo di base sarà sempre il 4-3-3, ma il Napoli dovrà avere delle varianti tattiche da poter adottare anche a gara in corso. Lo fa spesso Allegri con la Juve, dovrà abituarsi a farlo anche il tecnico partenopeo. Essere camaleontici può diventare l’arma in più di una squadra che l’anno prossima dovrà ben figurare in Champions League e provare l’assalto alla Juve in campionato.