Cambiare, nel calcio come in ogni ambito della vita, può sicuramente portare degli scossoni che hanno bisogno di tempo per essere digeriti. Ma ogni cambiamento è un’opportunità, se lo si interpreta come un momento di crescita. E magari all’inizio potrà anche esserci qualche sbandamento, ma in seguito si tornerà facilmente sulla retta via: esattamente quello che sta accadendo al Napoli in questo primo scorcio di stagione. Dove Carlo Ancelotti è intervenuto sulla squadra nella maniera più intelligente che un allenatore potesse fare: senza fretta, senza rivoluzioni. Magari pagando anche qualche dazio – la sconfitta di Genova con la Samp e il pareggio di Belgrado – ma arrivando ora ad un livello di crescita della rosa univoco in tutti i suoi elementi.
“Non sono un pazzo, so che di questi ragazzi posso fidarmi: li vedo ogni giorno in allenamento e so bene cosa mi possono dare”: così Ancelotti dopo la vittoria contro il Sassuolo, dove ad aprire le danze è stato Adam Ounas, calciatore che, con Sarri, era finito letteralmente nel dimenticatoio. E’ chiaro che il concetto che deve passare non può essere quello che tutti sono uguali e che cambiando gli addendi non cambia il risultato. Lo sanno tutti, Ancelotti in primis: nelle partite importanti gioca chi ha più esperienza, al netto di condizione e problemi fisici. Ma per avere la meglio contro squadre di medio-bassa classifica, come Torino, Parma e Sassuolo, ci si può assumere anche qualche rischio: è così che si iniziano a responsabilizzare i giovani, a fare in modo che tutti gli elementi della rosa si sentano coinvolti nel progetto. Perché, altrimenti, il ragionamento di un calciatore può essere: “Se non gioco contro il Parma, quando lo farò?”. Con la conseguenza di un abbassamento del livello di tensione che invece Ancelotti vuole altissimo in tutti gli effettivi a disposizione.
Lo stanno ripetendo da tempo, ormai, i calciatori del Napoli. Tutti si sentono coinvolti, dal primo all’ultimo. E anche quelli che erano considerati titolari inamovibili stanno accettando di buon grado qualche panchina in più: in fondo è per il loro bene, e per averli più freschi nei momenti clou della stagione, senza la pretesa che un calciatore possa e debba giocare 60 partite l’anno e tutte allo stesso livello. E’ umanamente impossibile pretenderlo. Ancelotti, da esperto allenatore quale è, lo ha capito. E sta mettendo in atto la strategia più idonea al suo progetto: cercare di portare tutti i calciatori della rosa allo stesso livello. La storia del calcio insegna che la ricetta per vincere è proprio questa: avere in panchina calciatori che siano all’altezza di chi va in campo. E se non hai abbastanza danaro da comprarli, devi costruirteli in casa. Esattamente quello che sta facendo Carlo Ancelotti.
Vincenzo Balzano