Una volta lo chiamavano il derby del Sole. E si capisce: due città separate da 180 chilometri d’autostrada, due popoli simili per le loro caratteristiche d’allegria, schiettezza e solarità. Appunto. Napoli-Roma e Roma-Napoli erano due partite che i tifosi di entrambi gli schieramenti aspettavano per tutto il campionato. Al di là di chi scendesse in campo, dei campioni che prima o dopo si sono succeduti in maglia azzurra e giallorossa: c’era allegria sugli spalti, i tifosi avversari occupavano addirittura parti consistenti dello stesso settore, mischiandosi a quelli di casa e dando luogo ad un gioco di colore e calore incredibile. Chi lo ha provato, sa bene che quella partita andava classificata sotto il nome di “emozione”, indipendentemente da ciò che accadeva in campo.
Poi un episodio fece incrinare i rapporti. Il 25 ottobre 1987 il Napoli si presenta all’Olimpico con lo scudetto cucito sul petto, quello stesso tricolore che era stato accolto con affetto anche nella Capitale qualche mese prima: “Roma saluta Napoli Campione”, lo striscione che era stato esposto a Trastevere. Ma quel pomeriggio qualcosa andò storto. Gli azzurri, guidati ancora da Ottavio Bianchi, sono sotto 1-0 e giocano in 9 per l’espulsione di due calciatori. Negli ultimi, concitati minuti della partita, arriva il pareggio grazie ad una rete di Giovanni Francini, e fin qui nulla di male. Poi però Salvatore Bagni, beccato tutto il tempo dal pubblico di fede giallorossa a causa di alcuni comportamenti poco ortodossi in campo, decide di fare il gesto dell’ombrello rivolto proprio ai sostenitori della Roma. Questo il motivo ufficiale, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Perchè per alcuni in realtà, questo bellissimo gemellaggio era voluto veramente solo dai tifosi azzurri. Negli anni precedenti l’epopea di Diego Armando Maradona, la Roma aveva vinto lo scudetto con Falcao nel 1983, e giocato la sfortunata finale di Coppa dei Campioni, per giunta all’Olimpico, perdendo ai rigori contro il Liverpool. Quando fu invece il Napoli ad interrompere l’egemonia delle squadre del nord, a qualcuno, dalle parti della Capitale, non andò a genio. Niente di trascendentale, nulla capace di far rompere un’amicizia che molti ritenevano davvero importante. Ma che evidentemente non lo era, se bastò un gestaccio di un calciatore a interromperla.
Il resto è storia, con un’escalation che da indifferenza prima si è trasformata in violenza poi. Due gli episodi cruciali che si ricordano. Il primo, quella giornata di inizio giugno 2001 in cui la Roma di Capello avrebbe potuto vincere lo scudetto proprio al San Paolo, battendo la squadra allora allenata da Mondonico ed in corda per non retrocedere. La partita finì 2-2, ma quanto accaduto fuori lo stadio è rimasto per sempre impresso nella memoria di tutti, con scene di devastazione incredibili, e un lavoro che costò alle forze dell’ordine numerosi feriti e almeno due auto date alle fiamme.
Poi il 3 maggio 2014 il punto di non ritorno: il ferimento di Ciro Esposito, che sarebbe morto un mese e mezzo dopo, da parte di Daniele De Santis, storico ex capo ultras della Curva Sud. Oggi sono in molti a chiedere che possa ritornare questo stupendo gemellaggio tra le due tifoserie, ma al momento sembra impossibile. Al più, sarebbe già un grosso risultato poter avere i sostenitori delle due squadre all’interno dello stesso stadio, senza dover tremare per la possibilità di scontri ed incidenti. Un’utopia.