Giocatori argentini a Napoli: un legame indissolubile che affoga le sue radici nella storia

Deve esserci una sorta di alchimia. Un filo ininterrotto che parte dal passato, attraversa gli anni fino ad arrivare al presente. C’entra anche la storia sì, quella che si studia sui libri di scuola: perché è cosa nota che tanti meridionali, ad inizio dello scorso secolo, sono emigrati verso il Sud America, tanti in particolare verso l’Argentina. Dove hanno importato usi e consuetudini, mischiandole a quelle locali e dando luogo ad un melting pot culturale i cui effetti sono ben visibili ancora oggi. Sarà per questo che il legame tra Napoli e l’Argentina è così forte, e in maniera altrettanto forte si riverbera anche nel calcio.Non c’è giocatore argentino che, una volta arrivato in terra partenopea, non abbia sottolineato le similitudini esistenti tra la città del sole e la patria di Evita Peron e di tanti altri personaggi che la storia l’hanno fatta, ma davvero.

Napoli è una città scanzonata, affamata di calcio, che sa convivere con i problemi di tutti i giorni e che dalla malinconia sa sempre ricavare un pizzico di allegria. Anche quando tutto è scuro, a Napoli si intravede sempre un pizzico d’azzurro. Quando Maradona vinse il primo scudetto, disse: “Ho alzato la Coppa del Mondo a Città del Messico, ma lì non era casa mia. Qui invece sì, ho vinto a casa mia e mi sento a casa mia”. Una dichiarazione d’amore senza precedenti, fatta dal calciatore che più di tutti ha segnato la storia del football mondiale. Non solo lui comunque. Perché a Napoli sono transitati tantissimi giocatori argentini, da Pesaola a Ramon Diaz, da Sivori al Pampa Sosa, da Galletti a Lavezzi, e tanti, tanti altri. Argentino era ad esempio Guglielmo Stabile, attaccante degli anni ’30, il primo a realizzare una tripletta con la maglia della sua Nazionale. Oggi il binomio tra Napoli e l’Argentino trova il suo massimo splendore in Gonzalo Higuain, acclamato da tutti proprio come l’erede di Diego Armando Maradona: 36 gol in campionato, battuto il record di Nordhal che resisteva dal 1950, uno scudetto sfiorato e magari chissà, la voglia di riprovarci l’anno prossimo, se al Paris Saint Germain non vorranno mettere il bastone nella ruota del Napoli.

Prima di lui, nell’era De Laurentiis, ci sono stati Roberto Carlos Sosa, Ezequiel Lavezzi, Mariano Andujar, José Ernesto Sosa, Hugo Campagnaro, Jesus Datolo, German Denis, Federico Fernandez, Mario Santana, Nicolas Navarro. Tutti, nel bene o nel male, hanno lasciato un segno tangibile della loro presenza. Basti pensare al Principito Sosa, che in allenamento deliziava gli occhi dei giornalisti presenti, ma poi in campo si perdeva puntualmente. O a Campagnaro, che aveva una “garra” da far invidia – diventò facilmente l’idolo del San Paolo – per non parlare di Lavezzi, e delle speranze che i napoletani avevano riposto in lui per arrivare nuovamente sul tetto d’Italia. Non c’è riuscito il Pocho, ma a Napoli è diventato grande, grazie a Napoli ha spiccato il volo prima al Paris Saint Germain e poi in Cina, dove spenderà gli ultimi anni della sua carriera in una prigione dorata. Napoli, Argentina: è il richiamo del sangue, di quegli antenati che oltre un secolo fa fecero il giro inverso, oppressi dalla povertà e alla ricerca di un lavoro per andare avanti. Napoli, Argentina, un legame indissolubile. Da mettere, magari, sui libri di storia.

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