“Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”. Il calcio è una di queste. A Napoli, ancor di più. Perché a Napoli il calcio travalica spesso il confine della logica, arrivando a raccontarci storie bellissime, non per forza con il lieto fine. In questa rubrica del lunedì proveremo a ripercorrere i momenti topici del calcio partenopeo, andando a sbirciare dietro le quinte del palcoscenico verde per comprendere a fondo la magia di questo sport tanto amato. Per far capire cosa è il Napoli, cosa rappresenta per milioni di tifosi che di generazione in generazione lo venerano. Con la speranza di tramandare le sue storie, affinché non se ne perdano mai le tracce. Buona lettura.
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Se ne andò in silenzio, perché lui era fatto così: non amava le luci dei riflettori, preferiva far parlare i fatti e non le parole. Giuliano Giuliani era uno di quei calciatori che tutti gli allenatori vorrebbero avere alle proprie dipendenze; mai una grana, mai una parola fuori luogo, sempre a disposizione nell’unico modo che questo tipo di giocatori conosce: il lavoro. Se lo portò via, esattamente vent’anni fa, una complicazione polmonare: Giuliani era affetto da Aids, il male del secolo che ha terrorizzato e continua a terrorizzare intere generazioni. Nato a Roma il 29 settembre 1958, il suo cuore cessò di battere a Bologna, presso l’ospedale Sant’Orsola, il 14 novembre 1996. Morire a 38 anni e con una vita davanti: il ricordo di Giuliani merita di essere tramandato alle future generazioni di tifosi azzurri. Che conoscono certo i tocchi magici di Maradona, i siluri di Careca e la classe di Alemao; ma che forse poco sanno di quel portiere che, in due stagioni, difese la porta azzurra con dignità ed orgoglio, dimostrandosi grande uomo prima ancora che grande professionista.
Giuliani arrivò a Napoli nell’estate del 1988: gli azzurri sono ancora scottati dalla rimonta scudetto portata a termine dal Milan qualche mese prima, Maradona chiese ed ottenne da Ferlaino di rinforzare ulteriormente la squadra per lottare contro lo strapotere della compagine di Sacchi e dell’Inter di Trapattoni, che però proprio in quella stagione sbaragliò ogni record vincendo uno scudetto rimasto per sempre nella storia. Ricordi che provengono da Soccavo parlano di un Maradona che caldeggiò in prima persona l’acquisto di Giuliani: dopo l’addio di Garella, Diego pretese che la porta fosse in mani sicure, e così il nuovo portiere del Napoli arrivò ancora dal Verona, esattamente come successe qualche anno prima con il suo predecessore.
Al termine del campionato gli azzurri si piazzarono al secondo posto con 47 punti, 11 in meno dell’Inter dei record. Di più non si poteva fare, considerando anche le energie spese per conquistare il primo trofeo internazionale della storia del club: nella magica notte di Stoccarda, il Napoli alzò al cielo una meravigliosa Coppa Uefa, scrivendo in calce alle manifestazioni europee anche il suo nome. Diego certo, poi Careca, Alemao e via via tutti gli altri; e tra questi anche lui, Giuliano Giuliani, che ebbe una sola sfortuna in quegli anni: trovarsi di fronte quel Walter Zenga all’apice della carriera. Poco male comunque, perché il portiere del Napoli fu protagonista di due stagioni meravigliose, concluse con 64 presenze e 52 gol subiti: in media, meno di uno a partita. E nell’ultima stagione a Napoli arrivò anche lo scudetto, voluto strenuamente dalla squadra: fu la penultima gioia prima della fine di un’epoca.
Per Giuliani quello fu anche l’ultimo anno di livello, prima del trasferimento ad Udine, dove rimase dal 1990 al 1993, continuano sempre a combattere contro una malattia che il più delle volte non dà scampo. Leggenda vuole che il portiere l’avesse contratta proprio nei festeggiamenti oltremodo libertini in occasione del matrimonio di Maradona. Se questa è la verità, poco importa. Resta il peccato di una vita spezzatasi troppo presto, e di un campione ricordato sempre troppo poco.