NAPOLI GOL CANNAVARO – “Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”. Il calcio è una di queste. A Napoli, ancor di più. Perché a Napoli il calcio travalica spesso il confine della logica, arrivando a raccontarci storie bellissime, non per forza con il lieto fine. In questa rubrica del lunedì proveremo a ripercorrere i momenti topici del calcio partenopeo, andando a sbirciare dietro le quinte del palcoscenico verde per comprendere a fondo la magia di questo sport tanto amato. Per far capire cosa è il Napoli, cosa rappresenta per milioni di tifosi che di generazione in generazione lo venerano. Con la speranza di tramandare le sue storie, affinché non se ne perdano mai le tracce. Buona lettura.
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Fabio Cannavaro rappresenta l’emblema della scuola calcistica italiana, che è stata sempre fucina di grandi difensori. È entrato in quella ristretta schiera di fuoriclasse della difesa, insieme ai vari Scirea, Baresi, Maldini, Gentile, Facchetti, Maroso. Unico tra loro a vincere il pallone d’oro, ottenuto grazie alle grandissime prestazioni con le quali accompagnò l’Italia sul tetto del mondo nel 2006.
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Orgoglio partenopeo, nel Napoli Cannavaro si è formato come calciatore, facendo tutta la trafila delle giovanili, dai pulcini alla prima squadra, nella quale lo fece esordire Ottavio Bianchi il 7 marzo 1993, a 19 anni: battesimo di fuoco, a Torino contro la Juventus, in una partita che gli azzurri persero 4-3. Fu nella stagione successiva tuttavia che Fabio si impose come un pilastro, seppur giovanissimo, del Napoli: a dargli fiducia fu quello che poi è diventato il suo mentore in una carriera straordinaria, quel Marcello Lippi che condusse gli azzurri ad uno strepitoso sesto posto (con conseguente qualificazione all’allora Coppa Uefa) nonostante i tantissimi problemi societari.
NAPOLI GOL CANNAVARO ZITTÌ SAN SIRO
E tuttavia uno dei ricordi più belli di Cannavaro con il Napoli è legato all’unico gol segnato in azzurro. Accadde l’8 gennaio 1995, nel gelo di San Siro, in una partita contro il Milan di Capello, che all’epoca era una corazzata quasi invincibile. I rossoneri si portarono in vantaggio grazie ad una rete di Marco Simone al 28′; ma nel finale di gara lo scugnizzo napoletano, con un tiro da fuori area, trafisse Sebastiano Rossi; uno che, all’epoca, di gol ne prendeva davvero pochi, e che in quell’occasione non fu proprio irreprensibile.
La gioia di Cannavaro fu incontenibile, stravolto da una sensazione unica per un napoletano: zittire il razzista popolo di San Siro che, anche in quell’occasione, non aveva mancato di indirizzare cori beceri all’indirizzo dei partenopei. Baciò la maglia Fabio, ma fu diverso dalle tante volte che lo vediamo fare a diversi calciatori. In quel bacio ci fu un significato intrinseco fuori dal comune: Fabio sapeva che, a fine stagione, la situazione societaria che peggiorava di mese in mese, lo avrebbe costretto a lasciare Napoli, venduto al Parma per 13 miliardi. Ma quell’urlo di San Siro, in tutta la sua carriera, Cannavaro lo ha ripetuto soltanto un’altra volta. Il 9 luglio 2006, a Berlino. Con un altro azzurro addosso.