Il settimo si riposò. Si sarà forse ispirato al passo biblico della creazione del mondo il Napoli, che ieri a Bergamo, alla settima partita del mini ciclo di fuoco iniziato il 10 settembre contro il Palermo, ha perso il primo match di questa stagione.
Squadra svogliata, priva di forse mentali prima che fisiche, e imbrigliata alla perfezione da Gasperini, che ha deciso di giocarsela con duelli individuali in ogni zona del campo, eliminando alla fonte il gioco del Napoli: Jorginho, solitamente sempre ai primi tre posti per passaggi effettuati, nella giornata di ieri è uscito addirittura dalla top five. Si obietterà: gli azzurri sono più forti tecnicamente, avrebbero dovuto e potuto reagire all’asfissia creata dai bergamaschi. E qui entra in gioco il fattore psicologico, manovratore nascosto di una squadra non ancora pronta a reggere il peso di due competizioni importanti quali Champions League e Campionato. Sentenza di condanna quindi? No, se Sarri deciderà di cambiare registro.
A distanza di tre giorni dal match con il Benfica, si sarebbe potuto pensare ad un turnover maggiore, facendo giocare quei calciatori come Maggio, Strinic, Giaccherini che magari saranno anche meno forti dei titolari, ma che comunque avrebbero dato linfa nuova alla squadra, sotto l’aspetto mentale e fisico. Ancora: abbiamo spesso sentito dire da Sarri che il Napoli, per vincere le partite, deve giocare sempre al massimo, esprimendo le sue qualità su ogni campo. Ma questo in Serie A, soprattutto in trasferta contro squadre che prediligono la sciabola al fioretto, non sempre è possibile. In casi come questi, bisogna scendere in guerra (sportivamente parlando, s’intende) e adeguarsi al tenore dell’avversario e del match. Il modello, purtroppo o per fortuna, è sempre la Juve. I bianconeri, a Palermo, giocarono una delle peggiori partite degli ultimi anni, eppure riuscirono a portar via i tre punti.
Chiamasi mentalità da grande, quella che il Napoli continua a non avere. Anche nell’atteggiamento comunicativo: dire che la Juve ha già vinto lo scudetto, significa concedere ai calciatori un alibi troppo grande. Anche se l’affermazione corrisponde alla verità: spesso però, la miglior parola è quella che non si dice. Farà bene Sarri a capirlo in fretta.