Cosa sta succedendo al Napoli? È la domanda che da un mese circa si stanno facendo tutti i tifosi del Napoli. Possibile che gli infortuni di Arek Milik e Raul Albiol abbiano determinato i risultati negativi che gli azzurri hanno inanellato da Bergamo in poi? L’assenza dei due calciatori ha sicuramente un’importante incidenza nell’economia del rendimento della squadra, ma non può bastare come risposta.
Non fosse altro che, sempre più spesso ormai, i gol degli avversari vengono scaturiti da errori individuali e non di reparto o di squadra. Un aspetto preoccupante, per certi versi, rassicurante per altri: risolto questo, il Napoli potrebbe presto tornare a veleggiare verso l’alta classifica. Ma quale è il problema, allora? Dove si annida il nodo gordiano della questione?
Per comprendere meglio la situazione, bisogna riavvolgere il nastro fino allo scorso 2 ottobre: il Napoli scende in campo a Bergamo, è secondo in classifica e nulla lascia presagire una debacle. Pochi giorni prima gli azzurri hanno asfaltato il Benfica, si è fatto male Albiol, vero, ma Maksimovic ha dimostrato subito di essere un ricambio all’altezza dello spagnolo. Di contro c’è l’Atalanta di Gasperini, una squadra sull’orlo del baratro: in caso di sconfitta, l’allenatore ex Genoa potrebbe essere addirittura esonerato. E invece accade, per il Napoli, l’imponderabile: gol di Petagna dopo pochi minuti, frutto di una svista difensiva combinata tra Koulibaly e Maksimovic e sconfitta dolorosissima per la squadra di Sarri. In molti cercano, a ragion veduta, le cause della sconfitta nella troppa sicurezza di sé della squadra, che dopo aver battuto il Benfica è scesa in campo senza la giusta concentrazione. Una sconfitta salutare, fa notare qualcuno, che servirà da lezione per il futuro. Una sconfitta che, però, fa infuriare Aurelio De Laurentiis: nell’immediato dopo partita, il presidente del Napoli chiama a telefono il direttore sportivo, Cristiano Giuntoli, e lo convoca a Roma, nella sede della Filmauro.
Gli chiede le ragioni della sconfitta, vuole capire perché gli azzurri hanno perso, e in malo modo, contro una squadra quasi alla deriva. Una richiesta legittima, quella del Presidente, che riceve le dovute risposte dal ds, e guarda avanti, come da sempre abituato a fare. Quella chiacchierata però, infastidisce, e non poco, Maurizio Sarri, che evidentemente si sente messo da parte nel discorso: il tecnico avrebbe preferito parlare di persona con De Laurentiis, spiegandogli a tu per tu quanto era accaduto a Bergamo.
Dopo una decina di giorni, alla vigilia del delicatissimo match con la Roma, avviene finalmente l’incontro. Ma, davanti alla stampa, i due esprimono concetti totalmente opposti. De Laurentiis si dice convinto che la squadra sia stata rinforzata, che il centrocampo sia tra i migliori d’Italia e che spera di vedere presto in campo tutti i calciatori della rosa. Sarri, dal canto suo e senza peli sulla lingua, ammette che la squadra è stata sì rinforzata, ma con giovani talenti che hanno bisogno di tempo per far vedere tutto il loro valore. Un concetto espresso a più riprese dal tecnico, sin dall’inizio della stagione. “I giovani possono dare tanto, ma possono causare anche dei passaggi a vuoto”, il refrain dell’allenatore. In questo clima, solo all’apparenza gioviale, il Napoli scende in campo dopo 24 ore prendendo una sonora lezione dalla Roma al San Paolo. Dopo tre giorni un’altra sconfitta interna, al cospetto del Besiktas in Champions League, apre ufficialmente la crisi. I sei punti conquistati con Crotone ed Empoli hanno il sapore delle vittorie di Pirro, perché a Torino con la Juve arriva una nuova sconfitta, seguita dai due pareggi con il Besiktas e con la Lazio.
La settimana scorsa i dubbi sul vero valore del rapporto intercorrente tra De Laurentiis e Sarri diventano realtà: il presidente chiede pubblicamente, al suo tecnico, di provare il 4-3-1-2, di schierare Hamsik come trequartista e lo accusa di non aver voluto, l’estate scorsa, l’attaccante del Borussia Dortmund, Pierre-Emerick Aubameyang. L’opinione pubblica si schiera, sic stantibus rebus, con il Presidente, e mette nel mirino Sarri. Il quale però, da toscanaccio roccioso quale è, non gliele manda a dire, argomentando anche le risposte: “Hamsik, da trequartista, non rende bene. L’avete visto nella sua esperienza precedente (con Benitez, ndr). Giocare con il 4-3-1-2 significherebbe lasciare in panchina uno tra Mertens ed Insigne, e mi sembra sinceramente una bestemmia. Aubameyang? Mi furono proposti lui e un altro attaccante (Icardi, ndr) in alternativa. Io diedi l’ok per l’altro attaccante”.
Per chi vive il calcio, questa in corso tra Presidente ed allenatore ha un solo nome: guerra fredda. E sta generando i problemi di cui sopra: è questo il nodo gordiano da sciogliere. Ora sembra stata siglata una tregua, armata quanto basta per far presagire una possibile ripresa delle ostilità. Poi a fine stagione si prenderà una decisione definitiva; ma in questo momento, scommettere che Sarri sarà il tecnico del Napoli anche l’anno prossimo, significherebbe molto probabilmente perdere.