Nel calcio, ma in generale in tutti gli sport, esistono le vittorie e i piazzamenti. Vi citiamo il monologo di Paul, il protagonista del libro (da cui è stato tratto poi il celebre film Febbre a 90°) di Nick Hornby, Fever Pitch: “Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Dopo un po’ ti si mescola tutto nella testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perché l’Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l’Arsenal quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose, ho preteso troppo dalla gente che amo… Okay, va bene tutto! Ma… non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai due a uno in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient’altro nella testa… E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi”.
Ecco perché adoriamo tanto il calcio. Perché spesso ci dà l’occasione di avere una seconda possibilità, a volte di gioire per una vittoria, a volte di piangere per una sconfitta. In poche parole, specchio fedele della vita. La gioia dei tifosi del Napoli per l’eccellente stagione condotta dalla squadra di Sarri è tangibile, sotto gli occhi di tutti. Ma poi c’è l’altra faccia della medaglia: il secondo posto ottenuto in campionato è, ancora una volta, “solo” un piazzamento. Non va in bacheca ad arricchire il numero di trofei, anche perché in questa stagione l’uscita dalla Coppa Italia e dall’Europa League è stata alquanto prematura. Ma il calcio, abbiamo detto, dà sempre un’altra possibilità. Ecco: il Napoli deve essere bravo a coglierla l’anno prossimo. Perché ora migliorarsi significa solo una cosa: vincere. Alzare un trofeo, che sia la coppa dello scudetto, la coppa Italia o l’Europa League (volendo essere pessimisti e prevedere l’uscita degli azzurri dalla Champions dopo i gironi) è un’ambizione che il Napoli deve avere. Un obiettivo che deve darsi proprio per donare gioia ai suoi sei milioni e passa di tifosi, che aspettano da tanti, troppi anni, di poter rivivere l’estasi dello scudetto. Aurelio De Laurentiis è ad una svolta decisiva: deve decidere se impegnarsi maggiormente, dal punto di vista economico anche, per ottenere questi risultati, oppure mirare semplicemente a consolidarsi. É questa, in soldoni, la differenza che passa tra una grande squadra e una che vuole solo mirare a diventarla. E non lo fa mai.