Violenza negli stadi: un fenomeno che non si riesce ancora ad estirpare

Sono passati ormai due anni dalla morte di Ciro Esposito, il giovane tifoso del Napoli colpito mortalmente con un colpo d’arma da fuoco il pomeriggio del 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina. Il processo a Daniele De Santis, indagato per omicidio volontario, si è concluso la settimana scorsa proprio con la condanna a 26 anni di carcere per l’ex ultras della Roma: i suoi legali hanno annunciato ricorso contro una sentenza che ritengono ingiusta, in quanto non considera l’esimente della legittima difesa.

E invece la condanna di De Santis, oltre che rendere giustizia alla famiglia di Ciro Esposito, può combattere in maniera concreta la violenza applicata ad una partita di calcio. Già, perché ormai il concetto va esteso, anzi spostato:: all’interno degli stadi è difficile assistere ad incidenti e scontri tra tifoserie. La tessera del tifoso, oltre alle numerose telecamere ormai installate in tutti gli impianti, hanno portato la violenza fuori dagli stessi. Esempio ne sia quanto accaduto proprio dopo l’ultima finale di Coppa Italia tra Milan e Juventus. Alcuni sostenitori rossoneri, dopo la partita, scesero dal bus che li stava riportando a casa e accoltellarono sue ignari ragazzi all’interno di un bar che era sulla strada del torpedone. Per poco non ci è scappato il morto: ma un atto di tale ed efferata violenza non può passare in secondo piano solo perché non si conclude con un omicidio. Qualche giorno dopo, stesse scene di follia ma a Torino, dove alcuni tifosi della Juventus hanno assaltato all’improvviso un bar, distruggendolo, solo perché ritrovo dei colleghi granata. Insomma, ormai nemmeno la partita più è l’occasione per dare vita alle violenze. C’è un sisma profondo che si agita nell’animo di questi fanatici, e che va analizzato perché non si arrivi nuovamente alle lacrime.

Il governo italiano è risultato spesso inadatto, con il Ministro degli Interni, ad assicurare l’incolumità di tanta gente perbene che vuole assistere in pace alle partite, recandosi allo stadio in totale sicurezza senza la paura di poter incorrere in scene da far west. La tessera del tifoso è stato un palliativo che è servito solo a spostare la violenza dall’interno all’esterno degli impianti, una decisione presa sull’onda dell’emotività dopo la morte di Filippo Raciti, poliziotto assassinato nel 2007 prima di Catania-Palermo. Da allora ne è passata acqua sotto i ponti, ma la sensazione di tutti, la percezione comune, è che tutto cambia affinché nulla cambi realmente. E intanto l’Italia si appresta a voler organizzare le Olimpiadi nel 2024, ma non si capisce con quali premesse sulla sicurezza dei milioni di spettatori che potrebbero affollare il nostro Paese nel caso in cui ci venissero davvero assegnati questi giochi olimpici.

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